Il Falconiere: una delle figure più affascinanti del medioevo.
Spesso raffigurata in affreschi e miniature, la scena della caccia col falcone ha da sempre catturato la nostra attenzione, anche perché accostata a personaggi nobili ed alle loro occupazioni, divertimenti ed esercizi militari. Il falco ben ammaestrato risulta ad esempio tra i premi accordati ai valorosi vincitori di tornei cavallereschi. Nella caccia poi la nobiltà medievale impiegava notevoli mezzi, comprese diverse specie di rapaci, in grado di volare a varie altezze e di operare in combinazione con i cani. Molti nobili si fanno rappresentare nell’atto di andare a caccia con il falcone in pugno, nei loro sigilli. Figure di alta nobiltà erano ritratte con in mano dei falchi, come segno del loro status, ed in effetti sia il tempo che la ricchezza necessaria per addestrare e mantenere questi uccelli e le attività a loro connesse, erano notevoli. A questa particolare forma di caccia poi avevano accesso anche le nobildonne. Infatti esistono diverse rappresentazioni che mostrano una dama, chiaramente in costumi signorili, sia a cavallo che a piedi, con un rapace al pugno, spesso indossando un guanto che serviva a proteggere la sua mano dagli artigli affilati del suo volatile. Nel Libro di St Albans, celebre volume stampato a fine ‘400, che tratta diffusamente di falconeria, in un elenco che associa i rapaci ai vari titoli nobiliari e particolari classi sociali, alla nobile dama è attribuito lo Smeriglio ( falco colombarius ), un falco di piccole dimensioni, molto abile nella caccia al volo in grandi spazi aperti.
Anche a Narni abbiamo una bella testimonianza in proposito; si tratta di una dama a cavallo raffigurata in un bassorilievo, datato al XIII secolo, inserito nella facciata del palazzo comunale, in un raffinato portale, che alcune ipotesi fanno risalire alla decorazione appartenente ad una soppressa cappella di San Salvato. Questa ed altre raffigurazioni, tra le quali dei cavalieri giostranti, fanno bella mostra di sé affacciandosi sulla piazza Dei Priori, luogo centrale del centro storico narnese e teatro di quella giostra all’anello che si teneva in onore del santo patrono Giovenale fin dal medioevo e che viene ogni anno rievocata proprio il pomeriggio del 3 maggio, giorno a lui dedicato. Durante l’odierna manifestazione Corsa all’Anello, diverse volte sono stati ospitati dei falconieri ed uno di questi, tra i più noti ed esperti, Fabrizio Piazza di Falconeria Maestra, è rimasto molto colpito dal bassorilievo citato e in occasione della sua ultima recente venuta a Narni, l’ha utilizzato come sfondo privilegiato ad una serie di considerazioni divulgative sull’arte della falconeria nel medioevo. Proprio riferendosi a questo bassorilievo, vicino al quale un altro raffigura i personaggi biblici Giuditta ed Oloferne, ha avanzato l’ipotesi suggestiva che lo scalpellino medievale avesse inteso rappresentare proprio la giovane ricca vedova ed il generale Assiro in una tipica scena di nobile caccia con il falcone, prima del banchetto in cui lo avrebbe eroicamente assassinato per salvare il suo popolo. Comunque poi immagini scolpite nella pietra, di dame con il falco, sempre in Umbria, si trovano per esempio anche a Perugia, sia in una formella della duecentesca Fontana Maggiore, ed in particolare quella che rappresenta il mese di maggio, sia nel portale del maestoso Palazzo dei Priori del capoluogo regionale. E allora, proprio ammirando in particolare tali antichi manufatti nei luoghi più rappresentativi dei nostri centri storici, come non pensare anche a rimandi con i romanzi cortesi. In particolare quell’Eric et Enide di Chrétien de Troyes, dove il nostro eroe si cimenta in una competizione in onore della sua bellissima futura amata, avente come posta in palio un magnifico sparviero. In ogni caso, al di là di quale sia stata l’ispirazione per la dama narnese, tanti sono i riferimenti letterari medievali, legati all’utilizzo di questi meravigliosi animali, tra i quali il Boccaccio in due famose novelle del Decamerone. Parliamo di Chichibio e la gru, nel quale il notabile cittadino che aveva dato la gru da cucinare al suo opportunista e beffardo cuoco, se l’era procurata cacciando con il falcone; e nell’altra dedicata a tal Federico degli Alberighi nella quale il personaggio di nascita nobiliare, in modo quasi drammatico rinuncia al suo amato falcone per adattarsi saggiamente a valori più compatibili con la sua vita, ottenendo finalmente considerazione dalla sua amata.
Ma come è ben noto a tutti, il più importante trattato sull’arte della falconeria è il De arte venandi cum avibus, redatto da quell’immenso ed eclettico sovrano, che è stato Federico II. Il codice vaticano Palatino Latino 1071 contiene la copia più antica ed autorevole del trattato sulla caccia al volo, che Federico scrisse forse dopo il rientro dalla crociata e realizzato su commissione del figlio Manfredi, che ne aggiunse diverse integrazioni. Nel manoscritto possiamo ammirare un eccezionale corredo decorativo sui margini delle colonne del testo, con centinaia di miniature, raffiguranti principalmente uccelli. Un trattato così accurato era sicuramente frutto di anni di osservazioni dal vero nella natura, dal confronto con esperti cacciatori e consultazione di altri testi già conosciuti, entrambi presenti sia tra gli arabi che tra i normanni, parte rilevante dei suoi riferimenti culturali nei territori del suo Regno di Sicilia. Vi troviamo una dettagliata classificazione ornitologica e quindi tante specie di uccelli acquatici, terrestri e le loro peculiarità morfologiche e di comportamento. Poi si tratta dell’allevamento dei rapaci e del loro addestramento. E ancora luoghi e tecniche di caccia, gli animali più adatti a cacciare dall’alto, in picchiata in grandi spazi o quelli più in basso e addirittura nella boscaglia. I tipi di terreni, così come il clima ed i venti favorevoli. Intere parti dedicate alle varie specie di rapaci utilizzati, come girfalchi, sacri, astori, pellegrini e ancora cavalli, cani e un’autentica raccolta di vari accessori ed abiti dell’epoca. Guanti, polsiere in cuoio, borse, campanelli e sonagli legati ai tarsi dei falchi, cappucci, alcuni dei quali usati ancora oggi. Federico, circa 800 anni fa, descrive la perfezione estetica del volo di questi splendidi animali, in un vero e proprio testo di etologia ante litteram…e noi li guardiamo con ammirazione quando abbiamo la fortuna di avvistarli volteggiare sopra di noi.
Marco Matticari