Gilio Celli di Narni
Tra Dante Alighieri e i Tolomei di Siena
Nell’Anno di Dante
Nell’Anno dedicato a Dante è bene rievocare un personaggio di Narni che frequentò figure significative dell’ambiente toscano, e che per altro conobbe lo stesso poeta in una circostanza che è tuttora al centro di studi.
Il suo nome era Gilio o, come si vedrà Egidio Celli, e questa è la sua storia, che inizia a Narni nel maggio nel 1300 e che lo porterà a conoscere Dante e collaborare con i Tolomei di Siena.
Gilio di messere Cello di Narni
Il 7 maggio 1300 il podestà Mino Tolomei di Siena e il “domino Gilio domini Celli de Narnia”, primi ufficiali del comune di San Gimignano, presenziarono l’Assemblea generale convocata per accogliere l’ambasciatore fiorentino Dante Alighieri, il quale chiedeva a quella comunità di concordare l’elezione di un nuovo capitano della Lega tra le città guelfe, trovando tra gli interlocutori il “presente, volente e consenziente il provvido uomo messere Gilio di messere Cello da Narni (Egidio Celli) Giudice delle Appellagioni e sindaco della detta terra”, come traduceva Orazio Bacci in “Dante ambasciatore di Firenze al comune di San Gimignano”, del 1899.
La legazione di Dante, sostenuta anche da “messer Gilio” e supportata dal consigliere Primerano, convinse quella Assemblea, che si espresse con settantatre voti favorevoli e tre contrari, e in conseguenza si avviarono le procedure per rafforzare l’intesa tra le città di parte guelfa alleate con Firenze.
Sul documento di San Gimignano
Il documento che fotografa la vicinanza tra il poeta fiorentino e il giudice di Narni si ricava “Ex libris Reformationum Terrae S. Giminiani tempore D.ni Mini de Tolomeis de Senis Potestatis dicte Terre anno 1299”, e fu noto a Giuseppe Bencivenni Pelli, il quale nel 1759 lo evidenziò nelle “Memorie per servire alla vita di Dante Alighieri ed alla storia della sua famiglia”. Nel 1899 fu rivisitato da Michele Barbi, della Società Dantesca Italiana, che dimostrò l’inesattezza della data del “Liber Reformationum”, che seguiva il calendario nello stile toscano, allineandola al 1300 (Bullettino).
Nella documentazione di San Gimignano, e per solito nelle carte dell’area toscana, il giudice Celli è chiamato Gilio, che è altro modo di indicare Egidio (v. Crescimbeni, Derivazione), nome che appare negli scritti di Narni, e che normalmente si propone nei testi. Qui si riproducono i due termini come registrati negli atti, esponendo tuttavia nel titolo il nome Gilio, nel segno delle citate Riformanze.
Celli di Narni e Tolomei di Siena
La famiglia Celli è accertata a Narni in alcune pergamene del tempo, che riportano il giudice Cello ancora agli anni Ottanta del Duecento, e Peregrino a circa la metà del secolo successivo. E sul finire del 1299 – quindi prima dell’incarico a San Gimignano – incontriamo “Egidius domini Celli” teste in un trattato che vedeva Taverna Tolomei di Siena come mediatore tra Narni e Rieti circa la rocca di Monte Calvo, della quale in ultimo riconosceva l’insistenza nel Reatino e una sudditanza a Narni. Per cui ogni anno quel castello doveva recare un cero per la Festa di san Giovenale, come riferiva nel 1904 Giuseppe Mazzatinti ne “Gli archivi della storia d’Italia”, e come si legge ne “Il fondo diplomatico dell’Archivio Storico Comunale di Narni”, curato nel 1986 da Annamaria Diamanti e da Carla Mariani.
Di fatto si invocava una pace a garanzia dei pellegrini che avrebbero percorso le vie nell’imminente Giubileo, indetto da papa Bonifacio VIII.
Così a trascrizione del 16 dicembre 1299, il medesimo Taverna Tolomei, che sarà podestà di Narni proprio nel 1300, ricomponeva anche una lite di confini tra la stessa Monte Calvo e Castiglione, – che oggi sono nel comune di Cottanello – sempre con la conferma del nostro Egidio.
Il giudice e la sua città
Il confrontarsi del giudice narnese con i Tolomei di Siena, che sapevano muoversi tra banche e politica, può certo rivelare una condivisione di formule ammininistrative tra Narni e Siena, e in generale con le città della Toscana. Tra le quali Firenze, dove nel 1308 troveremo Gilio nel rilevante ruolo di giudice del podestà, a fede de “I Consigli della Repubblica fiorentina”, trascritti nel 1921 da Bernardino Barbadoro.
“Egidius domini Cellis” operava a Narni nel 1331, quando la comunità si opponeva al Patrimonio di san Pietro in Tuscia, cui era sottoposta, sia per la tassazione applicata che nella vertenza sul possesso di Perticara e di Rocca Carlea. E la testimonianza di Egidio, e di altri notabili, può completare la visione di una città aperta e determinata che, oltre a difendere viabilità e confini, progettava una propria autonomia.
Ser Pietro di Narni
Il giudice, pur partecipando alla vita politica di Narni, si spendeva quindi in missioni in luoghi talvolta distanti dalla Terra natale, e come lui altri concittadini, richiesti per capacità e competenza, quali “ser Petro de Narnia” che era nel Palazzo comunale di Firenze il 28 febbraio 1316, giorno in cui il vicario angioino Ranieri di Zaccaria di Orvieto sottomise al bando l’esiliato Dante: e questo si legge nella “Storia della vita di Dante Alighieri”, scritta nel 1861 da Pietro Fraticelli.
Con ser Pietro, notaio come recitava il titolo e testimone di quella sentenza, si chiude questa ricerca su Gilio o Egidio Celli “de Narnia”, che collaborò con Mino e Taverna dei Tolomei di Siena, e che il 7 maggio 1300 incontrò l’ambasciatore Dante Alighieri nel Palazzo della comunità di San Gimignano, in un memorabile Consiglio aperto “al suono della campana e a voce del banditore” nell’aula poi denominata “Sala Dante”.
Claudio Magnosi