Scopri la storia della Corsa all’Anello
un’antica tradizione cavalleresca che si svolgeva durante le festività in molte città italiane, tra cui Narni, Viterbo, Tarquinia e Tuscania. L’articolo esplora la natura sacra della corsa, le regole e le norme che la governano, l’abilità e la destrezza richieste ai cavalieri, e la sua graduale reintroduzione nel corso dei secoli.
Correre all’Anello
secondo gli antichi codici cavallereschi consiste nel sospendere un anello lungo la pista, <<e nel procurare correndo a briglia sciolta di trasportarlo sull’estremità della lancia>> (Ferrario). Mostrando capacità e destrezza.
E gareggiare stando a cavallo, in un percorso determinato e con norme stabilite, era una pratica che nel tardo Medioevo si riscontrava per solito durante il Carniprivio, ossia a Carnevale, in diverse località e anche nel Patrimonio di san Pietro, provincia della Chiesa tra Viterbese e Umbria in cui si collocava Narni.
Ma a Viterbo, dove la Corsa si ha pel Carnevale, si ripeteva la gara nel giorno di san Lorenzo. E a Tuscania si correva a febbraio e nelle feste patronali del 9 agosto, con l’obbligo di usare un’asta regolamentare. Mentre a Tarquinia, città in cui la Corsa all’Anello nel VI secolo avanti Cristo era Rito sacro, presieduto da una sacerdotessa e accompagnato da un suonatore di tibia- si disputava la gara al 12 di luglio, festa di san Litardo, per cui il gioco era contenuto nell’evento religioso.
Come a Narni
dove, secondo gli Statuti comunali, che sono noti nella versione del 1371, la gara si svolgeva il 3 maggio a onore e reverenza del Gloriosissimo san Giovenale Martire, Patrono, Governatore e Difensore del Popolo e del Comune, ponendosi così in un contesto di carattere sacro.
E sviluppandosi nel luogo deputato, che era la piazza Maggiore o dei Priori. E qui la Corsa diventava Rito, le cui regole estratte dagli Statuti narnesi furono riportate tre secoli dopo anche negli Acta sanctorum, repertorio delle Vite dei Santi e dei Rituali delle ricorrenze.
A confermare il nesso con la gara equestre, che di fatto chiudeva la Liturgia iniziata il secondo giorno di maggio con l’Offerta dei Ceri in Cattedrale, codificata nel 1311, e proseguita con la solenne Messa celebrata nella mattina successiva.
Gli ‘Atti dei Santi’
iniziati da Jean Bolland, e detti dei Bollandisti, attestavano quindi la sacralità di un Rito che si concludeva con la Corsa all’Anello. Un autorevole riscontro che però fu dato alle stampe nel 1680, quando già da qualche anno le Giostre e Corse dei palii in giorni di Festa erano ritenute di disturbo per le funzioni religiose, come si ricava dal Sinodo diocesano del 1665, i cui decreti furono ripetuti nel Settecento.
Per cui si attraversò un lungo periodo di fermo, fino a un graduale ritorno delle gare equestri, comunque declinate, delle quali si tracciano episodi come al 4 maggio 1845, Festa in cui tra gli altri divertimenti, e <<per rendere poi vieppiù lieto questo giorno si eseguì una corsa di cavalli>> (Diario).
E Corse vi furono anche nel maggio tra 1856, tra tombola, illuminazione e fuochi pirotecnici, per onorare il Santo e a ricordo della Incoronazione della Madonna del Ponte, avvenuta circa un secolo prima (Il vero). Nello stesso secolo si allestirono altri interventi equestri, con anello o con palio: quest’ultimo si effettuava raramente, e con cavalli berberi, da Porta Ternana sino a piazza del Lago, oggi Garibaldi.
Così lentamente
si reintroducevano le gare dei cavalli, e particolarmente dell’Anello, che erano nelle carte e nella memoria collettiva, e la Celebrazione di maggio, che si avvertiva <<poco o nulla curata, per cui sempre riesce languida e meschina>> (Eroli), si riappropriava di un Rito che le apparteneva e che tornava per cura di quei canonici che promuovevano i festeggiamenti.
Come avvenne in due proposte di Corsa all’Anello realizzate negli anni Quaranta del Novecento, dalle cui scintille nel 1969 si riaccendeva definitivamente il fuoco della Sfida, effettuata a onore e reverenza di San Giovenale. E questo accadeva proprio nell’anno in cui si commemorava l’apostolato del Santo, che fu vescovo di Narni dal 369 al 376.
Una Corsa ritrovata, la cui data fu poi associata alla seconda domenica di maggio, quando la Festa infine si completa e il Campo esulta per l’Anello sospeso sulla pista, e per conquistarlo <<si fa mostra di non ordinaria destrezza>> (Ferrario).
Claudio Magnosi
G. Ferrario, Storia ed analisi degli antichi romanzi di cavalleria, Milano 1828 – L. Dasti,
Notizie storiche archeologiche di Tarquinia e Corneto, 1878 (Tomba Barone)-F. Orioli,
Florilegio viterbese, 1855 -S. Campanari, Tuscania e i suoi monumenti 1856 –Acta
Sanctorum maii, I, 1680 (‘Excerpta ex Statutis narniensibus’) -G. Eroli, L’Album 1857 e
Miscellanea 1862 -G. Mansuelli in ‘Narni’, 1973 -Diario di Roma, n. 38. 1845 -Il vero
amico, 1856.