“…… Stabiliamo che i giudei o gli ebrei, che dimorano nella città, o che vi abiteranno in futuro, siano tenuti e debbano pagare in qualunque anno, nelle calende del mese di Maggio, al camerario del comune, 4 fiorini d’oro, che siano e debbano essere convertiti nel costo e per l’acquisto di un palio e di un anello d’argento, placcato d’oro….” Statuti Lib. I° Cap. XXLXII.
La consuetudine dei comuni medievali di chiamare le comunità ebraiche a contribuire alle celebrazioni per la festa del santo patrono, secondo un uso praticato in tutti i centri dello Stato Pontificio, che non di rado erano legate alla concessione di nuove condotte ferenatizie e dei diritti connessi, li obbligava a partecipare alle spese dei palii organizzati in quelle festività.
Da questa premessa, nasce la curiosità di capire quanto fosse oneroso, per la piccola “universitas iudeorum” di Narni, versare il contributo annuale.
Per farlo dobbiamo circoscrivere un periodo temporale, in cui posizionare la norma statuaria.
Dalle testimonianze dei protocolli notarili e della toponomastica, si può ipotizzare un insediamento degli ebrei in città, già dal 1276, dove è attestata a Narni una “ ecclesia Santi Petri Iudeorum “, che sorgeva all’interno del territorio della parrocchia di Santa Maria Impensole. ( P. Pellegrini )
Altra data de tenere in considerazione, è quella della stesura degli statuti, 1371. Dentro questo quadro temporale, altri indizi aiuteranno a precisare meglio il periodo di riferimento, monetario, utile.
E dunque, ci soccorre, un secondo capitolo degli Statuti, il XXV del Lib. I°, dove il legislatore dispone che gli
ebrei non possano risiedere a meno di 25 piedi dalle fonti d’acqua, a pena di 25 libbre cortonesi.
Questo mito nato in Savoia, e poi diffusosi in larga parte dell’Europa durante la pestilenza del 1348, voleva gli ebrei avvelenatori di pozzi e sorgenti, agenti di satana nella lotta contro la cristianità. ( P. Pellegrini )
Da questo secondo elemento, possiamo restringere la forbice di oltre un secolo, sapendo comunque, che gli statuti raccolgono leggi e norme nel tempo susseguitesi.
Dopo di che, possiamo, nel periodo considerato cioè 1348 – 1371 e dintorni, valutare la possibilità di conoscere il valore commerciale del Fiorino.
IL DOLLARO DEL MEDIOEVO
Nel 1252, le repubbliche mercantili italiane cominciarono a battere una moneta d’oro puro, dal peso di 3,5 grammi circa. Non furono le prime monete d’oro dell’Occidente dopo Carlo Magno (Augustale gr,5,25 Federico II 1231), ma la sua coniazione rappresentò una riforma epocale ed ebbe immediata diffusione in tutta Europa. Da allora fino alla fine del Medioevo, il dollaro dell’area mediterranea, fu la moneta d’oro delle repubbliche mercantili.
Tra queste, dal 1252 e la fine del XIV sec, è la moneta d’oro di Firenze quella che di gran lunga godette di maggior prestigio, e i funzionari della zecca fiorentina potevano orgogliosamente rivendicare il “communem cursum quem habet dicta moneta auri per Universum orbe terranum”. ( Storia delle monete della Repubblica Fiorentina. Ignazio Orsini)
Chi vuol comprendere le cause del trionfo del fiorino, deve tener conto della meravigliosa capacità espansionistica dell’economia fiorentina di quel tempo, e del suo ruolo nell’attività internazionale, bancariae commerciale.
Alto valore unitario, stabilità intrinseca, supporto di una economia forte e sana, sembrano essere stati i tre fondamentali elementi della formula che fece la fortuna del dollaro del medioevo. ( C.M. Cipolla )
I CAMBI
La comparsa del Fiorino ebbe come diretta conseguenza la creazione dei rapporti di cambio con le monete argentee che furono documentati, in maniera talvolta giornaliera, a partire già dal 1252.
In generale la possibilità di equiparare un dato ad un altro è legata direttamente al metro di confronto che, per essere tale, deve essere una costante. Ritenere la moneta fiorentina, costante, è provato dalla sua fama. Lo è per il peso e per il titolo, gr. 3,5 a 18 carati.
Altro elemento essenziale per comprendere il potere d’acquisto del Fiorino, è il “denaro Piccolo” con cui veniva rapportato in termini reali, questi fu moneta circolante nelle contrattazioni di basso valore e soggetto a spinta inflazionistica, ed il cosiddetto “denaro Grosso”, per transazioni internazionali, caratterizzato da notevole stabilità.
Di seguito alcuni valori che possono servire di riferimento nella comprensione del testo selle cronache, quando si parla del denaro e delle sue equivalenze:
1libbra o lira= 20 soldi= 240 denari= 410gr. Argento fino.
Che il Fiorino, al momento della sua coniazione, valesse 240 denari fiorentini è cosa sicura, ma per il continuo svilimento del denaro nel suo intrinseco d’argento, e non solo, questo rapporto prese a salire in maniera costante, tanto che la moneta d’oro passò nel giro di 25 anni da 240 a 360 denari.
Sulla continua diminuzione dell’intrinseco del denaro, moneta piena, si inserisce la sua prima definizione di moneta segno o fiduciaria.
Nelle cronache si fa spesso riferimento ai denari piccioli, denarius parvus, questo è il nome dei denari d’argento quando sono ridotti di peso e titolo. Se essi non fossero ridotti nel contenuto di argento, dovrebbe valere l’equazione, una libbra di piccioli = 1 Lira.
A Firenze nel 1300 un Fiorino d’oro vale 4 soldi e 6 denari di piccioli, ovvero 558 denari piccioli e poiché una lira è 240 denari, un Fiorino vale 558: 240 = 2,3 lire.
Dentro questo quadro i rapporti di cambio variavano giornalmente in base a moliti fattori, dal momento che, essendo moneta fiduciaria, il rapporto era condizionato anche, dalla perenne carenza, varietà delle monete e non ultimo il profitto dei cambiavalute. A Firenze alla metà del “300 i banchi dei “cambiatori” erano 80. ( Villani, Cronaca )
IL FIORINO E IL DENARO
Quale denaro può essere preso a riferimento negli anni tra il 1350 / 1370 ?
Appartenere ad un’area monetaria non consente certezze, perché all’ interno della stessa circolava liberamente e legalmente una massa notevole di denari, di altri stati, di altre aree. ( Racconti delle Pergamene n° 25 ) .
Abbiamo, dunque scelto di considerare solo aspetti di carattere politico, cioè, orbitare e sottostare nel Patrimonium Beati Petri, il rientro della sede papale, il trasferimento della zecca del Patrimonio da Viterbo a Montefiascone, diventata residenza del rettore e centro amministrativo dello stesso.
Esiste prova dell’avvenuto trasferimento della zecca da Viterbo a Montefiascone in un documento datato 1334 nel quale il tesoriere del Patrimonio di S. Pietro, tale Stefano Lascoutz, richiede la presenza di Angelozzo Peponi da Orvieto a Montefiascone per prendere accordi necessari alla coniazione di moneta “ per mandato del Papa”. E in ultimo le lettere inviate da Giovanni XXII nel 1334, e da Benedetto XII nel 1337 per sollecitare il rettore del Patrimonio ad incrementare la produzione monetaria, e lo scopo sembra essere raggiunto.
( Martinori, “ Della moneta Paparina”).
Dunque il denaro Paparino.
TASSI DI CAMBIO ( P. Spufford. Handbook of medieval exchange )
Di seguito alcuni tassi di cambio, tra Fiorino e Paparino, e la loro evoluzione nel secolo:
1300 Firenze. 1 fiorino = 46 soldi e 6 denari piccioli. // Montefiascone 1 fiorino = 43 s. e 4 d. paparini
1340 Firenze. 1 fiorino = 64 soldi. // Montefiascone 1 fiorino = 57 s.
1350 Firenze. 1 fiorino = 64 soldi // Montefiascone. 1 fiorino = 54 s.
1360 Firenze. 1 fiorino = 68 soldi // Montefiascone. 1 fiorino = 58 s.
1370 Firenze. 1 fiorino = 65 soldi e 6 denari // Montefiascone . 1 fiorino = 58 s.
Ricordiamo che al momento della prima coniazione, il Fiorino 1252, si cambiava a 240 denari.
Per dare ulteriori riferimenti, inseriamo dati che aiutano a capire il potere di acquisto del Fiorino, con la consapevolezza che questo non possa rappresentare un quadro completo e preciso, ma solo valore indicativo. Anzi diciamo pure che possa valere solo come curiosità. Sappiamo quanto sia ingenuo i prezzi espressi in monete di altri, in prezzi espressi in monete attuali; oppure trasformare le monete in grammi di metallo fino, sapendo quanto il valore del metallo sia cambiato nel tempo; e in ultimo, che il costo della vita e i beni di consumo, anche rimasti gli stessi, avesse uguale valore. Vale per tutti il libro prima dell’invenzione della stampa.
Un primo dato ci viene dal prezzo del frumento per staio (24,4 lt.) a Firenze 1360/1370, fissato a 19 soldi di denari piccioli. (Ugo Tucci, Annali6. Storia d’Italia Einaudi)
Per il sec. XIV disponiamo di inventari di due biblioteche di Pavia, un medico e un avvocato. Il primo disponeva di 30 volumi ed era valutata 133 fiorini, con una media generale di 4,5 fiorini per volume. Il secondo 15 libri, tutti di argomento giuridico, erano stimati per un totale di 385 fiorini, per una media generale di 27,5 fiorini. Va da se’ che i libri di argomento giuridico raggiungessero un valore economico maggiore.
Il salario del Podestà (Firenze metà del “300) e di sua famiglia, l’anno è di 15240 denari piccioli. Circa 21 fiorini. Il salario del Capitano del Popolo e di sua famiglia, è di 5880 piccioli. Circa 8 fiorini.
Il palio, di sciamito, che si corre per S. Giovanni, e quelli di panno per S. Barbara e per S. Reparata costano
l’anno fiorini 100 d’oro. (Cronaca, Villani)
Nel 1355 il legato apostolico Egidio Albornoz, dichiara di aver ricevuto dal vescovo di Narni, la somma di 81 fiorini d’oro, dovutagli da parte sua e del clero narnese, come compenso per il terzo anno della sua legazione, e rilascia quietanza. (Pergamene del Capitolo della Cattedrale di Narni.)
Nel 1376 in Pavia un certo Zanino dichiarava, con atto notarile, di essere debitore ad un tale chiamato Borello, di 80 fiorini, perché quest’ultimo lo aveva mantenuto per quattro anni e due mesi, fornendogli tutto il necessario, viveri e vesti. (Carlo Maria Cipolla)
Ultimi riferimenti, riguardano i tassi d’interessi. Mercanti ed imprenditori, nelle città di Toscana, potevano denaro a breve e medio termine ad un tasso d’interesse del 7% al 15%. I prestiti al consumatore tendevano naturalmente a costare di più, sopratutto per il maggior rischio del prestatore. Generalmente, questi, venivano fatti ad un tasso d’interesse variabile dal 15 al 50% all’anno.
Alla lettura di questi dati, la considerazione che viene da fare è che il prezzo pagato per contribuire alla celebrazione del Patrono, e non solo, da parte della comunità ebraica narnese, non fosse così onerosa come in un primo momento potesse sembrare. Quattro fiorini, sono ben poca cosa, se rapportati ai denari occorrenti per coprire costi e spese per servizi e beni utili alla ricca borghesia del tempo.
Che fosse già un obolo destinato a coprire solo una formalità, nel solco di una tradizione, e non più una tassa che garantisse loro, esercizio della professione, pace sociale e riconferma di una sottomissione nei rapporti con la maggioranza cristiana?
Marco Carlini