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Igiene pubblica e pandemie nel Medioevo

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Igiene pubblica e pandemie nel Medioevo

Assonanze fra pandemie del passato e del presente

Da quasi 2 anni ormai, siamo alle prese con una pandemia, causata da una malattia virale probabilmente partita in una remota regione dell’estremo Oriente, agevolata anche dalle precarie condizioni igieniche in cui vengono tenute alcune specie animali e propagatasi poi in tutto il mondo. Tante ci appaiono le assonanze tra il passato e la contemporaneità!

Come si diffondevano le pandemie nel Medioevo?

Una tale descrizione infatti l’avremmo potuta applicare ad eventi già accaduti nella storia dell’umanità, come attestato per esempio, sia nell’Alto che nel Basso Medioevo. La diffusione di queste epidemie era alimentata da vari fattori, quali ovviamente la presenza o meno di certi anticorpi nelle popolazioni, l’alimentazione, il clima, gli spostamenti di particolari categorie di persone come mercanti, pellegrini o uomini d’arme, le condizioni igieniche degli spazi abitativi, lavorativi ed aggregativi in genere.

Lo stesso termine latino virus indicava nel mondo antico una sorta di fluido velenoso e le parole epidemia e pandemia derivano dal greco classico e tramite il sostantivo demos, indicano un contagio esteso a larga parte del popolo. In effetti poi sembra che anche nel medioevo, nelle epidemie più conosciute, ci fosse un rilevante legame tra contagiosità e densità della  popolazione in determinati contesti e periodi.  Dopo l’anno mille, l’aumento demografico e degli scambi commerciali, la crescita delle realtà urbane, le stesse Crociate, portano con sé ovviamente maggiori occasioni di contatti più stretti e scambi tra le persone e di conseguenza maggiore possibilità di accelerare eventuali contagi. Contestualmente si moltiplicano le istituzioni assistenziali per i malati come i lebbrosari e gli ospedali, intitolati ai Santi che simbolicamente proteggevano da specifici malanni. Ne troviamo menzione in diverse fonti, cronache e componimenti del tempo, tra i quali celeberrimo è il Decamerone di Boccaccio, illustre testimonianza dei comportamenti delle popolazioni per salvarsi ed esorcizzare pericolosi contagi.

Il complottismo ai tempi delle pandemie, nel medioevo e non solo

Come spesso accade poi, assistere all’affermazione di un nemico subdolo ed ignoto, può condurre ad additare ed inventare senza prove dei colpevoli, a cercare fantomatici complotti per rassicurarci e dare un volto alle nostre paure; capri espiatori di allora per esempio, furono  spesso gli ebrei, accusati ingiustamente di spargere il contagio.

Il rapporto fra l’igiene pubblico e le pandemie nel medioevo

Ma non mancavano poi, già a quell’epoca, per la necessità di normare le varie attività umane, dei precetti ben chiari da seguire, che pur citando esplicitamente motivazioni di decoro nel limitare sgradevolezze alla vista ed aĺl’olfatto, risultavano utili anche a prevenire il diffondersi di varie pestilenze e pandemie nel medioevo. Ne abbiamo prova grazie anche alle numerose norme di “igiene pubblica” contenute negli Statuti di molte città.  Elenchiamone dunque alcune ricavate proprio dagli Statuti medievali della città di Narni, tramandati fino a noi grazie ad alcune copie successive e suddivisi in 3 libri.

Le norme che qui ci interessano si trovano soprattutto nel primo e nel terzo libro del codice, che semplificando, trattano rispettivamente di materia civile e penale e di conseguenza riportano i divieti e le relative sanzioni.

Ad esempio si stabilisce che nessuno getti sporcizia negli spazi tra le case e nelle pubbliche vie.  Inoltre le vie e le strade, sia della città che dei borghi limitrofi, dovevano essere tenute pulite a cura di coloro che vi abitavano nei pressi. Il giorno destinato a queste attività, era il sabato.

Diversi articoli si occupano delle fontane e dell’acquedotto. Per entrambi, il comune, esercita un particolare controllo, vista la loro importanza per la collettività.  Si trattava quindi di garantire la manutenzione dell’Acquedotto della Formina, realizzato in epoca romana ed in larga parte giunto fino ai nostri giorni, e delle fontane interne alla città ad esso collegate, che dovevano essere pulite almeno una volta al mese in inverno e due volte al mese d’estate. Ciò valeva pure per i fontanili situati in varie contrade del circondario narnese.  Era fatto specifico divieto di lasciare nei pressi delle fontane qualsiasi tipo di immondizia come anche di lavarci i panni o erbe e di immergervi barili o tinozze. Era vietato anche farci il bagno! Capitolo a parte era dedicato al Lacus, una sorta di bacino idrico che si trovava nell’attuale piazza  Garibaldi di Narni, che doveva essere periodicamente svuotato e ripulito a spese del comune e sul quale era severamente vietato gettare qualsiasi tipo di sporcizia. Pure le fogne erano oggetto di regolamentazione negli Statuti cittadini, laddove si ordina che siano adeguatamente coperte.

Attenzione è posta anche al controllo di alcuni particolari prodotti destinati alla vendita. Devono essere controllate le botteghe degli speziali affinché mantengano correttamente la loro preziosa merce e non vendano quella andata a male. A questo proposito erano normati e limitati anche i giorni destinati alla macellazione e vendita delle carni, soprattutto nei mesi più caldi; così come era vietato gettare scarti di animali nelle pubbliche strade e piazze ed era severamente proibito anche portare e vendere carni di animali malati, all’interno della città. I siti dove erano macellate e vendute le carni, dovevano essere tenuti accuratamente puliti ed erano soggetti a frequenti ispezioni delle autorità comunali. Un capitolo stabilisce inoltre che non si debbano tenere i maiali in giro per la città, ad eccezione dei porci di Sant’Antonio, in un numero di sei animali, che dovevano comunque essere trattati in modo compatibile con il decoro pubblico.

La gestione dei contagi

In tema di contagi, al terzo libro degli Statuti narnesi, vi è un capitolo che vieta ai lebbrosi di entrare e circolare in città, punendo anche i guardiani che ne avessero permesso l’ingresso, ad eccezione dei giorni delle principali festività religiose ( Natale, Pasqua, 3 maggio dedicato al patrono Giovenale, nelle feste mariane e in quella di tutti i Santi). Per loro il comune indicava un apposito ospedale e disponeva un contributo economico annuale, togliendogli però eventuali elemosine ricevute entrando illecitamente in città.

Un’ultima riflessione

Come sempre la storia è di grande insegnamento, se sappiamo coglierne le analogie col presente, perché i problemi di oggi potrebbero essere già stati affrontati in qualche forma nel passato e anche creduloni, approfittatori o divulgatori di false novelle, tornano ciclicamente a minare il benessere della comunità.

Marco Matticari


 

Bibliografia

  • Statuta Illustrissimae Civitatis Narniae
  • G. Cosmacini, L’arte lunga, storia della medicina,  Editori laterza 1997
  • M. Bariéty, C. Coury, Tra una peste e l’altra, in “Kos” ,n.33 1987
  • Chiara Frugoni, Paure medievali, epidemie, prodigi, fine del tempo. Il Mulino 2020
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