Dallo studium all’università nel Medioevo a Narni
1305: inaugurazione dello studium Domenicano Narnese
Nell’anno del Signore 1305, veniva inaugurato in Narni, nel convento dei Domenicani, lo studium “in Arte Veteri”, da servire per l’educazione del clero, nonché, per i laici che si dedicavano alle lettere ed alle scienze. Il Diaccini riporta la notizia nel suo scritto, “Per il solenne ingresso di Mons. Cesare Boccolieri”, Vescovodi Terni e Narni, nella diocesi di Narni nel 1921, semplicemente stringandola con queste poche parole che racchiudono un concetto di ben più ampio respiro.
La prima università a Narni, apre dunque i battenti nel basso medioevo, a pieno diritto quindi, si può parlare di universitas, con tutta l’articolazione delle più note e più grandi sue antecedenti, quali appunto Bologna, ma anche Roma, Napoli, Modena, Vicenza, Padova, Vercelli e Macerata (altre importanti, ancor oggi, università italiane, sono successive a quella narnese, come Perugia, Firenze, Pisa, Lucca, Siena, Torino, Parma).
Evoluzione dell’università dall’antichità al medioevo
Il percorso di studi dall’antichità al medioevo era distinto in tre gradi:
- elementare, dove si imparava a leggere, scrivere e far di conto;
- medio, dove con il grammaticus si approfondiva lo studio della lingua latina e s’imparava quella greca; si studiava la letteratura di queste due lingue e le prime nozioni di storia, geografia, fisica e astronomia ed infine
- il superiore dove si studiava la retorica, l’eloquenza, l’arte cioè di costruire discorsi per gli usi più vari (giudiziari e politici innanzitutto), partendo dallo studio del diritto, della storia dell’eloquenza, della filosofia.
La differenza fra l’universitas e lo studium
Lo studium generale nel Medioevo (aperto a tutti, non il solo studium) indicava l’istituto dedicato all’insegnamento superiore, intendendo sia che convenivano a studiare nell’Università studenti da ogni paese, sia che i titoli che tali studia conferivano erano riconosciuti ovunque, mentre l’universitas, era l’organizzazione corporativa che faceva funzionare lo studium garantendone l’autonomia, non contenendo necessariamente nel suo seno tutte le attività ad esso connesse, che pur controllava.
Nei secoli XI e XII, il termine latino universitas designava qualsiasi comunità organizzata e dotata di un proprio statuto giuridico. Le università dei maestri e degli studenti erano affiancate dalle universitates di persone accomunate da uno stesso mestiere, sviluppi spontanei, dati dalla medesima necessità.
La nascita dell’Università, intesa come luogo di formazione intellettuale, avviene infatti a Bologna a cavallo fra alto e basso Medioevo, dall’iniziativa degli studenti, in massima parte laici, che si riunivano in società al fine di pagare un maestro.
Dalle arti liberali alle arti meccaniche
Le facoltà, quattro in tutto, erano soprattutto suddivisioni amministrative dello studium, connesse all’attività didattica, ed erano ordinate gerarchicamente nei diversi rami del sapere:
la facoltà di “Artes”, ove si insegnavano le arti liberali, preparava alle tre facoltà superiori di “Teologia”, “Diritto canonico e civile” e “Medicina”.
Le arti liberali, sette, a loro volta, erano divise dagli autori antichi come Varrone, Marziano Capella, Cassiodoro, fra trivium dette “sermocinales“ (grammatica, dialettica e retorica) per lo studio letterale e quadrivium (matematica, geometria, musica e astronomia) per lo studio scientifico, distinzione, questa, mantenuta per tutto il medioevo, anche dopo aver perso in gran parte il suo valore pedagogico.
Le arti liberali invece affermano definitivamente nell’alto medioevo la loro supremazia su quelle meccaniche. “Le arti tecniche sono dette meccaniche ossia falsificatrici, perché l’attività dell’uomo artefice si appropria della percezione delle forme che imita dalla natura. Le sette arti liberali sono così chiamate, perché richiedono animi liberi, cioè non impediti e ben disposti (infatti tali arti perseguono penetranti indagini sulle cause delle cose), ovvero perché nell’antichità soltanto gli uomini liberi, cioè i nobili, si dedicavano ad esse, mentre i plebei e coloro che non avevano avuto rappresentanti delle proprie famiglie nelle cariche pubbliche, si occupavano delle arti tecniche con la competenza del loro lavoro” (Ugo di San Vittore (1096 ca.-1141), Didascalicon)
Le arti meccaniche erano delle vere e proprie tecniche manuali, specializzatesi nel tempo in mestieri.
Comprendevano infatti: la prima era la tessitura; la seconda comprendeva ogni sorta di artigianato, e dunque la meccanica, la metallurgia, l’architettura; la terza era la nautica, la quale includeva anche il commercio.
Quattro arti, invece, avevano a che fare con il corpo umano: ed erano l’agricoltura, la caccia, la medicina, il teatro.
Medicina e Architettura, che originariamente facevano parte delle arti liberali, vennero spostate nel secondo gruppo da Marziano Capella nel “De nuptiis Philologiae et Mercurii”, riducendo così a sette le nove arti liberali, trasmettendo il modello degli studi umanistici alla cultura medievale.
La medicina merita un ruolo chiave a parte, dimostrando la mancanza di discriminazione, tutta tardo medievale, tra le arti liberali e le arti meccaniche, tanto da godere della stessa dignità delle arti liberali, insidiandone anzi il primato. Nel preambolo degli statuti della facoltà di medicina di Montpellier (1239) essa viene paragonata a una stella che di quelle arti illuminava il firmamento. Una visione inutilmente contrastata da Petrarca. Coluccio Salutati dovette fare ricorso ad Averroè per affermare la superiorità della Giurisprudenza sulla Medicina.
(Luisa Bussi. Intorno alla storia delle Università medievali)
Le arti meccaniche rimasero comunque appannaggio di corporazioni chiuse, mentre le Università si distinsero per il grado di apertura e di eguaglianza, cosa probabilmente dovuta all’obiettivo manifestamente occupazionale delle arti meccaniche, opposto alla nobiltà di quelle liberali. (Rüegg W. (a cura di): “A History of the University in Europe”)
Di fatto, comunque, in molte università del Duecento v’erano solo due o tre facoltà, ed in particolare fino alla fine del Trecento, i papi osteggiarono la moltiplicazione della facoltà di teologia, per garantirne il monopolio all’università di Parigi, “lampada splendente nella casa del Signore”, tanto che, perfino Bologna, la prima ad essere fondata in tutto il mondo (XII sec.), ebbe la sua facoltà di teologia solo nel 1364 (J. Verger, Le Università nel medioevo)
Nascita ed evoluzione dell’Università a Narni nel Medioevo
A Narni, gli Statuti del 1371, riportano nel libro I cap. CXIV, la notizia che i maestri che venivano ad insegnare nella città, fossero protetti più dei normali cittadini, tanto che, chi recava loro offesa doveva pagare il doppio rispetto alla stessa offesa recata ad un narnese, ma soprattutto, recano, inconsapevolmente, il messaggio di quanto fosse importante il centro culturale narnese, semplicemente con l’elenco dei maestri che rientravano nella categoria “protetta”. Viene da credere che lo Studium inaugurato nel 1305 sia già divenuto Studium generale…
Maestri di arti liberali, che denotano la presenza del primo grado superiore di istruzione, ma anche giureconsulti, medici, fisici e chirurghi, che denotano la presenza del secondo grado superiore di istruzione, il più alto in assoluto… praticamente erano presenti in Narni nel 1371, anno di riconferma degli Statuti, tutte le facoltà, tranne quella di teologia, o almeno non nominata dagli Statuti, cosa che potrebbe essere spiegata dall’interesse comunale di laicizzare lo Studium.
A pieno diritto quindi, si può parlare di universitas, con tutta l’articolazione delle più note e più grandi sue antecedenti, quali appunto Bologna, ma anche Roma, Perugia, Napoli, Modena, Vicenza, Padova, Vercelli e Macerata (altre importanti, ancor oggi, università italiane, sono successive a quella narnese, come Firenze, Pisa, Lucca, Siena, Torino, Parma).
Sulla sua importanza, fanno ancora capire gli Statuti, sempre nello stesso capitolo, citando il fatto che, i sex domini electi, (autorità magna della città) erano tenuti a fare il possibile per procurare alla città due maestri di grammatica o altra scienza che richiamino con la loro fama, studenti da altri luoghi e conferiscano prestigio all’immagine del comune, mentre a coloro che venivano a Narni per accrescere il loro sapere era garantito il privilegio della sicurezza “sia nel venire, nello stare e nel tornare” assieme i loro accompagnatori ed eventuali visitatori.
Non solo, il cap. CXIV, illustra anche come, a pari di altre universitas, quella narnese, dopo esser nata sotto l’egida della chiesa, sia stata sottoposta ad un tentativo di laicizzazione da parte del comune, ansioso di asservirla al proprio potere. E’ prevista infatti una somma annua in denaro, pari a XXV libbre di cortonesi, da parte dei sex domini electi, per permettere l’alloggiamento degli scolari, tra l’altro obbligatorio, per poter integrare l’affitto dovuto, a patto che tale alloggio non risulti essere presso persona religiosa.
Le autorità cittadine, tendevano, infatti, ad aumentare la componente laica fra maestri e scolari, (soprattutto in Italia e nella Francia meridionale), tanto che, alla fine degli studi, erano sempre più numerosi coloro i quali intraprendevano carriere laiche, come testimonia il disinganno tradito da papa Urbano V, “D’accordo, non diventeranno ecclesiastici tutti quelli di cui curo l’educazione: molti sceglieranno un ordine monastico o il clero secolare, altri resteranno nel mondo e saranno padri di famiglia ma, qualunque sarà la loro condizione, gli sarà sempre utile l’aver studiato, dovessero pure esercitare un lavoro manuale”, riferendosi agli studenti mantenuti dalla Santa Sede (Citazione riportata da B. Guillemain, La Cour pontificale d’Avignon (1309-1376)).
Non paghe, le magistrature narnesi infatti, stabiliscono anche che, i massimi esponenti dello Studium, sia Magistri che “laureati”, vale a dire i medici (insieme agli speziali) ed i maestri di grammatica, siano esenti da ogni custodia, dal servizio militare a piedi o a cavallo, per le necessità e la salute di uomini ed infermi, confermandone l’importanza fondamentale per il Comune.
Potevano perfino tenere aperta la bottega nei giorni festivi ed andare impunemente per la città, qualora gli ammalati ne avessero bisogno (Cap. CCXXIII – Libro I). Ma qui più che al prestigio, l’esenzione era dovuta alla necessità. Raramente le leggi comunali non erano (all’epoca) realmente dovute ad un effettivo bisogno.
Ne emerge però a questo punto rinforzata l’immagine dei magistri grammatices, che godevano comunque dell’esenzione alla custodia, pur non essendo il loro, un servizio vitale a livello fisico.
Narni centro di formazione per la rievocazione storica
E le magistrature di oggi in fondo non sono così diverse da quelle di ieri, almeno quelle che rappresentano le magistrature medievali nell’ambito della Corsa all’Anello.
Sta rinascendo ad oggi lo Studium “In Arte Veteri”, nell’accezione delle Arti Meccaniche e perché no, magari in futuro, anche delle arti liberali della Rievocazione.
Un “Università” (nel senso aggregativo del termine, per la riunione di studenti, da ogni dove) del Medioevo ricostruito, per i rievocatori (e non) che nasce dalla Storia, per la Storia.
Un Ars gratia Artis, per continuare a vivere “con un piede nel passato. E lo sguardo dritto e aperto nel futuro”.
Formella appartenente all’arca dello scultore Giovanni da Legnano (1320 ca – 1383) esposta nel Museo Civico Medievale di Bologna.
Rappresenta alcuni studenti nell’atto di seguire e trascrivere le lezioni del maestro.
Patrizia Nannini